Itinerario S. Pietro Apostolo, Miglierina, Tiriolo, Gimigliano, Cicala

Brani scultorei recuperati dalle rovine dell’abbazia di Corazzo sono ancora presenti nella Matrice di Serrastretta, dove fu trasportato l’imponente fonte battesimale in pietra verde  scuro di forma ovoidale, realizzato da scalpellini loca li nel XVII sec. e tipologicamente conosciuto anche da altri esemplari, alcuni di probabile provenienza napoletana, sui quali i modelli locali sembrano adagiarsi. È il caso, ad esempio, del fonte battesimale di S. Pietro Apostolo e di quello di Miglierina: in particolare quest’ultimo, in pietra verde e datato 1711, è palesemente ispirato a quello seicentesco conservato nella Cattedrale di Nicastro, in marmo bianco di Carrara e di fattura napoletana, dal quale riprende la forma ovale e le baccellature della tazza. Interessante il portale della summenzionata chiesa di Serrastretta, opera di maestranze roglianesi, le stesse, forse che intorno al 1770 edificarono l’edificio, poi nuovamente ristrutturato dopo il sisma del 1783. All’austero portale fanno da contorno ondeggianti motivi fitomorfì, mentre l’elemento della chiave pendula costituisce un non raro brano di sovvertimento delle forme comunque controllate del portale. A Tiriolo, se pochissime sono le testimonianze di un certo interesse rimaste nelle chiese, molte lasciate in condizione di rudere dopo il sisma del 1783, troviamo notevoli palazzi signorili. Fra i tanti si distingue quello degli Alemanni, che domina col suo fronte tardobarocco Piazza Italia, la facciata animata dall’ampio portale in pietra aggettante sormontato dal balcone, fiancheggiato da teorie di finestre in cui si alternano timpani curvi e triangolari. Dello storico palazzo Cigala non restano oggi che le sole inferriate a petto d’oca dei balconi, mentre il resto risulta gravemente, alterato. Apparteneva a questa famiglia anche la piccola cappella oggi chiesa della SS. Scala Coeli, che nel suo esterno conserva ancora l’originario aspetto rustico e semplice, dove spicca lo stemma gentilizio sul portale di ingresso. Rilevanti anche i ruderi dell’antico castello, che, di origine normanna e rifatto dagli Angioini e Aragonesi, subì ulteriori modifiche nella disposizione degli ambienti sotto i Principi Cigala, che lo abitarono prima di trasferire la loro dimora, in seguito al sisma del 1638, nel nuovo palazzo a valle. A nord di Tiriolo sorge il paese di Gimigliano, noto per le sue cave. La rinomata pietra locale, l’inconfondibile marmo verde, venne molto usata con orgoglio dai gimiglianesi, sia per la realizzazione di arredi sacri, in particolare altari, sia in opere a carattere civico, come fontane e portali, manufatti che venivano anche esportati nei paesi vicini. Dal centro cittadino spicca la mole della chiesa del SS. Salvatore, riedificata dopo il sisma del 1783 e riconfigurata nell’apparato decorativo dell’interno ed in facciata nei primi anni del nostro secolo, cosicché il fronte presenta oggi esuberanti forme neorinascimentali, dove si è adottato per alcuni particolari ornamentali il marmo carneo locale, mentre nell’interno trionfano ancora una volta i fasti cromatici dei pittori Grillo e Zimatore. Il ricco altare maggiore settecentesco in marmo è quanto resta di quel periodo, ma sopra di esso si trova collocato, Gimigliano entro un’edicola moderna, il quadro della Madonna di Costantinopoli
dipinto nel 1626 dal pittore locale “Marcangione;che la tradizione vuole immagine acheronti. Per il culto della sacra effigie si edificò a partire dal 1760 il Santuario della Madonna di Porto, ubicato lungo il corso del fiume Corace a circa 4 km da Gimigliano è divenuto uno dei più importanti luoghi di culto della Calabria. La struttura settecentesca è stata più volte ampliata e l’aspetto attuale risale alla metà del nostro secolo. A Cicala, nella chiesa di S. Giacomo, a parte i noti altari lignei provenienti dall’abbazia di Corazzo, purtroppo pesantemente ridipinti, si conserva una grande tela rappresentante l’Immacolata, erroneamente attribuita a scuola pretiana, ma più probabilmente opera di un artista provinciale del Settecento.
Itinerario Platania, Decollatura, Soveria Mannelli, Carlopoli

Le modeste tracce artistiche presenti nella chiesa di S.Michele a Platania, la cui edificazione fu completata solo intorno ai primi anni dell’Ottocento, sono pure dovute ad artisti nicastresi: nei brani pittorici ancora rimasti si può, infatti, identificare l’intervento del pittore nicastrese Francesco Pallone. Più interessante, per la qualità dello sfumato, il dipinto su tavola rappresentante l’Eucarestia nella cappella del SS. Sacramento. A Decollatura alcune testimonianze artistiche, come la pala dell’altare maggiore realizzata da Francesco Pallone
nel 1811, ma pesantemente ridipinta nei recenti restauri, si conservano nella chiesa dell’Assunta, la quale, unitamente alla chiesa di S. Bernardo, fu ridecorata dai pittori di Pizzo Zimatore e Grillo. Di grande interesse l’altare maggiore della chiesa di S. Giovanni a Soveria Mannelli: si tratta di un’opera di altissima qualità prodotta da maestranze napoletane intorno al terzo quarto del Settecento e proveniente dalla distrutta abbazia di Corazzo, assieme alla balaustra con cancelletto bronzeo e ad una acquasantiera. L’altare, in marmi
mischi, è molto vicino in certe soluzioni decorative alle realizzazioni di Giuseppe Sammartino o comunque di artisti marmorari a lui vicini. Un altare simile a questo, eseguito probabilmente sul medesimo disegno, si trova nella chiesa cosentina di S. Domenico. Prodotto da maestranze locali è invece l’austera acquasantiera in pietra verde con tasselli di marmi policromi, mentre sicuramente napoletano è il busto ligneo di S. Giovanni, databile intorno alla metà del Settecento. Dall’abbazia di Corazzo proviene pure il piccolo altare
marmoreo della cappella Cimino nella chiesa di S. Tommaso, la quale peraltro possiede diversi dipinti murali di Grillo e Zimatore, un monumentale altare maggiore in stucco e alcune settecentesche statue lignee di S. Michele. Sempre a Soveria Mannelli è da visitare la Pinacoteca comunale voluta dall’Amministrazione Comunale che ha recuperato le vecchie celle del Carcere mandamentale, annesse all’edificio municipale (Palazzo Cimino Orario di apertura: lunedi-sabato 8:00 – 14:00). Vi si trovano esposti quadri di diversi artisti calabresi, tra i quali anche alcune tele di Giovanni Marziano. Spicca per prestigio un’opera di una delle pittrici più affermate dell’arte contemporanea, Dolores Puthod, che ha anche affrescato l’intera sala consiliare del comune. A Giuseppe Sammartino, o in ogni caso ad uno scultore napoletano operante nel terzo quarto del Settecento, si deve assegnare il pregevole ovale marmoreo, proveniente sempre dall’abbazia di Corazzo e conservato nella chiesa dello Spirito Santo di Castagna, frazione di Carlopoli. Il soffice modellato delle figure, l’intenso sentimentalismo degli sguardi, dominano sul simbolo dell’abbazia, il cuore ardente, accostato ai ruderi del convento, più volte raso al suolo dai terremoti. Una subordinazione questa
che sembra sancire così la sacralità imperitura di quel luogo nonostante la condizione di rudere. Le rovine di quella che fu una delle principali abbazie calabresi si stendono in una breve vallata nei pressi di Castagna. Fondata in epoca normanna, l’Abbazia di Corazzo, raggiunse l’acme del suo splendore sotto l’abate Gioacchino da Fiore, nella prima metà del XIII secolo. Quando sopravvenne il catastrofico sisma, che ne designò il definitivo tramonto, la chiesa era stata da poco riconfigurata con moderne forme barocche. Esempio compiuto di architettatura barocca è la chiesa del Carmine di Carlopoli, investita nel suo interno da frivoli stucchi rococò con curiose soluzioni nelle cappelle ospitate nelle navatelle laterali, mentre esuberanti si presentano le forme adottate nel coro, dove è collocata la pala del pittore nicastrese Francesco Colelli raffigurante la Madonna del Carmelo fra i Santi Simone Stock e Teresa di Gesù, che, come recita l’iscrizione, posta lungo il margine inferiore del dipinto, fu fatta fare a Nicastro nel 1779.

Itinerario Martirano Lombardo, Martirano, Conflenti, Motta S. Lucia

Nella valle del Savuto, sorge Martirano, sede vescovile sino alla fine del Settecento. I segni di questo prestigioso passato sono ancora parzialmente visibili nel piccolo centro, malgrado sia stato più volte provato da disastrosi eventi sismici, ultimo quello del 1905, in conseguenza del quale nacque Martirano Lombardo. Abbattuta l’antica cattedrale, restano diverse chiese, fra le quali quella del Rosario, caratterizzata dal portale seicentesco in pietra, opera di maestranze roglianesi, nel cui interno si conservano importano tele e i frammenti di un altare marmoreo settecentesco. Se del castello restano solo pochi ruderi, di un certo rilievo sono invece alcuni palazzi, in particolare quelli della famiglia Medici, risalenti a diverse epoche, fra i quali si distingue quello, connesso alla chiesa del Rosario, dai bei balconi con possenti mensole in pietra e inferriate a petto d’oca di gusto spagnoleggiante. Di grande richiamo religioso è il vicino santuario della Madonna della Quercia di sorto nel 1578, che ancora mostra le tracce dell’ampliamento barocco nella sequenza di cupolette stuccate delle navate laterali, mentre la decorazione pittorica fu quasi integralmente rinnovata nei primi del Novecento da Zimatore e Grillo, che dispiegano nelle rappresentazioni sacre intense cromie ed eteree e fluenti forme. Nella sagrestia si conserva un’interessante statuetta in marmo alabastrino, rappresentante la Madonna col Bambino e risalente forse alla fine del Cinquecento. Attualmente nella chiesa di S. Andrea, ma anch’esse provenienti dal santuario, sono due tavole dipinte con le immagini di S. Giovanni Evangelista e dell’Addolorata, assegnabili a Francesco Colelli. Fra le tante chiese che sorgono nel borgo, diverse conservano eleganti portali, come quello della chiesa della Madonna di Loreto, datato al 1733. In un percorso dedalico all’interno del centro storico si possono scoprire i tanti palazzi signorili caratterizzati da semplici e austeri elementi decorativi, spesso in pietra locale del Reventino: fra i tanti si distinguono casa Mastroianni, Vescio, Audino e Strangis. Apprezzabili edifici civili e religiosi si trovano anche a Motta S. Lucia, sempre modesti nelle forme architettoniche dichiaratamente funzionali, i cui segni distintivi sono costituiti dai portali o dai balconi centrali, come nel caso di palazzo Colosimo, che accoglie nel semplice repertorio ornamentale anche elementi antropomorfi.